Che
l'ultimo j'accuse della Fallaci costituisca una minaccia pesantissima per il
complotto filoislamico dell'Unione Europea, è dimostrato dall'assoluto
silenzio con cui la stampa ufficiale ha accolto l'uscita del libro. La stessa
Rizzoli deve essere conscia di avere osato troppo. Provate a collegarvi ai siti
della casa editrice e cercate nei cataloghi La forza della ragione: non ne troverete
traccia.
Eppure la stessa Grande Signora, nella sua denuncia, non si è soffermata
su una fase ancora peggiore di questo "nazismo del terzo millennio"
che incombe sulla nostra civiltà: l'ingresso della Turchia nella Comunità.
Una catastrofe che, come ha affermato Giscard d'Estaing, decreterà la
fine dell'Europa. E a giustificare tali preoccupazioni esistono almeno tre buoni
motivi.
Il primo, clamoroso, è che i turchi non sono europei ma asiatici. Il
che la dice lunga sulla concezione vigente del nostro superstato: non l'Europa
dei Popoli e delle millenarie culture sorelle – in una parola, degli europei
– ma l'Europa dei Commercialisti, dove basta sistemare qualche prodotto
interno lordo per essere ammessi. La Turchia ci riuscirà di certo…
così come, prima o poi, anche il Botswana o le Isole Tonga. Certo, c'è
in sospeso il problemino dei diritti umani, che la Turchia affronta con piglio
da repubblica delle banane. Ma se consideriamo che l’UE, in base agli
accordi di preadesione, ha versato ad Ankara 376 milioni di euro non rimborsabili
dal ’96 al ’99, e che la Banca europea per gli investimenti concederà
alla Turchia un totale di 6425 miliardi di euro nel periodo 2000-2007, ebbene,
per godere di tanta demenziale generosità, ai discendenti degli ottomani
basterà firmare un paio di decreti che proibiscano (sulla carta) di massacrare
i curdi e torturare i carcerati.
Il secondo motivo di terrore, non meno clamoroso, è che siamo di fronte
a un Paese islamico. Ma Lorsignori, i collaborazionisti della UE e dei vari
governi, Gran Bretagna in testa, sostengono a spada tratta che si tratta di
"islam moderato", governato dai nipoti del grande occidentalizzatore
Mustafà Kemal detto Atatürk, il demiurgo della Turchia moderna.
Qui basterebbe porsi la domanda ovvia: e se dopo l'adesione cambiasse il governo
e andassero al potere i fondamentalisti? Ma è un interrogativo inutile,
poiché il fondamentalismo al potere lo è già, solo tenta
momentaneamente di travisarsi per non allarmare l'opinione pubblica europea.
Vogliamo parlare di Tayyip Erdogan, l'attuale leader a cui Berlusconi garantisce
il fraterno appoggio dell'Italia? Il suo partito, l'AK, è il diretto
discendente di quel movimento islamico che già negli anni '70 tuonava,
per bocca del capo carismatico Necmettin Erbakan, che "la Turchia, storicamente,
geograficamente, culturalmente, non appartiene all'Europa ma all'Oriente, l'Oriente
musulmano e fedele il cui sacro compito è ergersi a muraglia contro il
minaccioso strapotere dell'Ovest". Il primo ministro Erdogan non solo è
un discepolo di Erbakan, ma nel '98, quand'era sindaco di Istanbul, si prese
una condanna a 10 mesi per incitamento all'odio religioso. E la prese solo perché
allora comandavano ancora i militari, che per decenni hanno condotto una battaglia
laicista, ma che stanno soccombendo alle spinte popolari, e sottolineiamo popolari,
per un'islamizzazione della società turca. Al cui interno è tutto
un fiorire di scuole coraniche dove – parole di una sociologa dell'Università
di Istanbul – "gli allievi vengono cresciuti nell'odio come piccoli
talebani". I futuri europei…
Infine, il terzo motivo per condurre una battaglia senza quartiere contro l'ingresso
della Turchia in Europa. E' meno conosciuto, ed è l’ideologia cosiddetta
panturchista. Come nella testa dei gerarchi nazisti esisteva la Grande Germania,
in quella dei turchi – tutti quanti: generali, islamisti, secolaristi
– esiste l’aspirazione a una Grande Turchia, un immenso impero esteso
dal Mediterraneo alla Cina. Naturalmente con capitale Ankara.
Il popolo turanico in effetti non è ristretto ai 67 milioni di abitanti
e ai quasi 800.000 chilometri quadrati della repubblica con la mezzaluna, ma
si suddivide in stati come Kazakistan, Uzbekistan, Azerbaijan, Kirghizistan,
Turkmenistan, più otto o nove repubbliche in Russia, più varie
entità in Moldavia, Ucraina e Cina, più vaste comunità
minoritarie sparse in altri stati. Decine di milioni di persone. Da aggiungersi
ai vari miracoli da compiersi nella società turca: davvero questa rinuncerà
al panturchismo, evitandoci un’Europa a maggioranza turanica estesa fino
alla Cina? E quand’anche, chi a Bruxelles avrà il fegato di dire
no alla Gaugazia o alla Bashkiria dopo avere accolto i loro “connazionali”?
Ma sono solo domande retoriche: basta un unico esempio, l’Uzbekistan,
dove i leader religiosi turchi infiammano quotidianamente al panturchismo, dove
gli estremisti del locale Movimento Islamico hanno ricevuto un finanziamento
di 100.000 dollari per commettere i loro attentati; e da chi? Da Necmettin Erbakan,
quando a sua volta era primo ministro del governo turco.
Malgrado questo scenario drammatico, tutti i politici romani e i loro giornalisti
vedono la Turchia in Europa come una manna dal cielo. Sono tutti impazziti?
Alcuni, chiaramente sì. Gli altri invece hanno calcolato che a gommonate
ci vorrebbe troppo tempo per fare a pezzi la nostra civiltà: meglio importarli
a vagonate, gli islamici, e con tanto di passaporto comunitario.
Roberto
C. Sonaglia
direttore www.rivistaetnie.com