Il simbolo della libertà: ALBERTO DA GIUSSANO

Alberto da Giussano non è mai stato visto dalla gente come un personaggio storico, ma come un simbolo utile a garantire la perfetta rappresentanza e comprensione delle idee di cui è segno evocativo. In questo senso, è assolutamente perfetto nel suo doppio ruolo di rappresentante della sua Comunità e di simbolo della lotta per la libertà dei Comuni lombardi. Egli è innanzitutto la rappresentazione della vitalità di una società, dedita alla creazione di prosperità tramite il lavoro e il commercio, ma all'occorrenza capace di levarsi in piedi e impugnare saldamente una spada per difendere i suoi diritti. E' il segno della gagliardia della gioventù lombarda (a quei tempi lombardo e padano erano perfetti sinonimi e nella Lega, detta Lombarda, c'erano Comuni di tutta la Padania) che affronta con serenità ed entusiasmo la fatica del lavoro che produce ricchezza, ma che all'occorrenza, quando si incazza al punto giusto, ritrova la bellicosità degli antenati liguri, celti e longobardi. In questo Alberto è doppiamente archetipico: nell'aspetto e nel comportamento Scrivono gli storici: "Una certa identità di uomini del luogo è anche nei caratteri dei tre fratelli di Giussano. La loro statura e la loro forza fisica alludono certamente a epoche primordiali e mitologiche, ai giganti figli della terra, partoriti direttamente dalle zolle in epoca cosmogonica. Ma, proprio perché figli di una data terra, Alberto, Otto e Rainero sono, ancor più che titani, tipi dell'antica Padania preromana". L'idea di giovani che lasciano l'officina per diventare combattenti riporta ai caratteri più ancestrali di questa terra (di artigiani e di guerrieri) e le modalità con cui intraprendono l'azione è piena di antichi significati: la Compagnia della Morte non può non ricordare i Gesati celtici che si sono fatti ammazzare a Milano per difendere gli "immobili" o i cavalieri longobardi che si sono gettati a Poitiers in mezzo alle schiere arabe. Erano antichi guerrieri di una Padania eterna, dunque, non a caso raccolti in tre, numero sacro ma anche strutturale della società antica fatta di artigiani, di guerrieri e di sacerdoti-druidi. Anche i loro nomi ripropongono questa antica suddivisione: Otto deriva dall'antico sassone Athad ("che possiede, proprietario") e sta a significare la difesa della sostanza, della terra produttiva, della prosperità accumulata col lavoro; Rainero viene dall'antico alto tedesco (e sta per "guerriero invincibile" o per "l'intelligenza che guida l'esercito") ed è il combattente che difende la propria gente; Alberto infine deriva dall'antico germanico ala-berth ("illustrissimo", "nobile e splendente") è l'unione fra i caratteri politici del capo (dell'antico brenn, il nobile) e di quelli magico-religiosi del druida, lo splendente. È il vero capo della comunità, intesa come un insieme di tutte le sue componenti organiche. Alberto è contemporaneamente anche il simbolo di un ideale: l'autonomia e le libertà dei Comuni padani, che sono gli eredi delle tribù liguri e celte, dei pilpotis veneti e delle fare longobarde. Tutte queste erano entità divise, ciascheduna padrona a casa propria, ma all'occorrenza unite contro il nemico esterno, oppressore e accentratore, nemico di ogni diversità. Questo nemico, portatore di oppressione, ha sempre avuto in Padania il volto odioso di Roma: dalla prima occupazione antica, al Barbarossa che si fregiava del titolo di "romano imperatore", al suo sanguinario nipote Federico II ("re dei Romani"), alle aquile romane di Napoleone, fino ai fasci e alle lupe dell'ultima oppressione italiana. Contro tutta l'oppressiva cianfrusaglia mediterranea si erge la figura fortemente simbolica di Alberto, segno e bandiera dello speciale attaccamento delle comunità padane all'autonomia e alla libertà, ma anche di antichi legami con l'Europa vera. Ad un certo punto, Alberto ha corso un pericolo anche più grande della morte in battaglia o del confronto con la cavalleria sveva: lui, simbolo della più fiera voglia di autonomia antiromana, è addirittura stato imprigionato dalla retorica patriottarda italiana e trasformato in un suo eroe. Per tutto il cosiddetto Risorgimento e anche dopo, Alberto è infatti stato intruppato fra quelli che, combattendo il Tedesco invasore, volevano l'indipendenza e l'unità d'Italia. Dovrebbero pensarci i pennivendoli di regime quando parlano con disprezzo dell'Alberto, visto che è stato per decenni (involontario) simbolo dell'unità della loro Italia. O forse ne parlano male proprio perché lo è stato ed ora è tornato a simbolizzare la libertà della sua terra e non più le menzogne di uno stato colonialista. Come San Giorgio (che, per questo, la Chiesa ha messo in panchina ma che è rimasto ben saldo nella fede popolare), come Guglielmo Tell, quasi contemporaneo di Alberto, che da 700 anni veglia sulla libertà svizzera. Alberto è un bel simbolo di pulizia, è l'uomo pacifico e laborioso di Padania che diventa guerriero feroce e implacabile per difendere l'autonomia e le libertà della sua terra. È il segno della giusta ira della gente mansueta e paziente. Alberto è la libertà della Padania, che esiste perché lo vuole la sua gente. Il suo simbolo è Alberto, che esiste perché è vivo nel cuore della gente e vivrà finché vivrà la Padania.